Fosfato ed economia circolare, per il domani del nostro cibo

Non è sicuramente noto a tutti ma il fosfato ormai è un minerale decisivo per la produzione del nostro cibo perché viene utilizzato nei fertilizzanti agricoli e dunque ha implicazioni sull’intera catena alimentare.

I fertilizzanti forniscono macronutrienti indispensabili per la crescita delle colture: fosfato e azoto. E l’impiego del fosfato è quadruplicato negli ultimi 50 anni ma le rocce da cui si estrae questo minerale stanno rapidamente esaurendo i loro depositi. È una risorsa preziosa e non può essere sostituita da nessun altro elemento.

L’ottimo “The Guardian” il 6 settembre scorso aveva già aveva parlato di un’imminente crisi del fosfato che avrebbe minacciato la produzione del nostro cibo. Ma già nel 2014 la Commissione Europea aveva sottolineato i rischi legati all’inadeguata disponibilità di questa risorsa, tra l’altro in gran parte importata da Paesi in situazioni politiche difficili come la Russia, Israele e l’Egitto.

Sempre il Guardian faceva riferimento a diversi studi scientifici che esploravano le possibilità di produrre nuove varietà di piante in grado di utilizzare meno, e in modo ottimale, questa risorsa recuperandola direttamente dal suolo.

L’articolo faceva riferimento anche alle possibili alternative per recuperare questo minerale utilizzando altre fonti e nuove tecniche. In particolare, citava la società olandese SusPhos, che ha brevettato un processo per produrre fosfati partendo proprio da un completo riciclo di rifiuti: sottoprodotti agricoli e dell’industria alimentare e rifiuti comuni. La società è stata fondata da Marissa de Boer già project manager del progetto Sustainable Phosphorus Chemistry.

Altro dato da non sottovalutare: non tutto il fosfato veicolato con i fertilizzanti viene assorbito dalle piante, gran parte si disperde nell’ambiente, con danni in termini di sostenibilità e di costi.

Ora però in tema di economia circolare arrivano novità anche dall’Università di Sheffield.  

Per effetto dei rifiuti umani e degli effluenti industriali, le acque reflue sono una ricca fonte di fosfato e azoto, dunque queste risorse potrebbero essere estratte e riutilizzate. Ed è proprio su questo fronte che sta lavorando James Bezzina, PhD in Chimica e Biologia: sta progettando una soluzione per “ripulire” i fanghi di depurazione dai metalli pesanti tossici ed estrarre il fosfato. Il progetto è finanziato dal Grantham Center for Sustainable Futures dell’Università.

James ha messo a punto delle microsfere di microplastica che agiscono come un magnete e si attaccano alle particelle di metalli pesanti nei fanghi di depurazione. Questa tecnica permette di “setacciare” e rimuovere contemporaneamente i metalli pesanti che vengono poi analizzati con la tecnica della fiamma e di conseguenza vengono identificati e separati.  

James ha aggiunto: “Il recupero di metalli pesanti come argento, rame e zinco dai fanghi di depurazione potrebbe essere potenzialmente molto redditizio. Il valore economico stimato per una comunità di 1 milione di persone negli Stati Uniti equivale a circa 8 milioni di dollari. Pertanto, oltre a prendere un prodotto di scarto e convertirlo in una risorsa sostenibile, questa soluzione potrebbe essere anche un’opportunità di redditività economica “.

Non si sa ancora quali saranno le strade migliori, più veloci ed efficaci, e complementari, per arrivare a un utilizzo sostenibile del fosfato, ma una cosa è certa: i rischi sono evidenti e la soluzione va trovata urgentemente.

Nella foto dell’Università di Scheffield, James Bezzina.

Alessandra Apicella

2 Comments
  1. tra l’altro i concimi a base fosforo rappresentano una delle maggiori “sole” nel campo dei fertilizzanti, infatti molti agricoltori tendendo ad acquisti a basso prezzo non si rendono conto che spesso acquistano prodotti con un’alta frazione di fosforo insolubile, praticamente roccia macinata, di nessuna utilità agronomica…

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