Anche i vecchi mandorli hanno una missione

La siccità e l’esigenza di avere raccolti migliori stanno costringendo gli agricoltori californiani a rinnovare sempre più frequentemente il loro parco di piante nei frutteti, e questo si verifica soprattutto per le coltivazioni di mandorli. L’Almond Board della California stima che nel prossimo decennio ogni anno verranno rimossi in media trenta o quarantamila acri di vecchi mandorli.

Una volta per eliminare gli esemplari vecchi e poco produttivi, le alternative più utilizzate erano due: gli alberi venivano bruciati direttamente nei campi o venivano rimossi e portati agli impianti che generano energia da biomassa. Due soluzioni attualmente poco praticabili in California, per le nuove norme sulla qualità dell’aria, che regolano rigidamente le combustioni, e per il calo dei prezzi del gas naturale che ha portato alla chiusura di molti di questi impianti.

Ora la tecnica migliore sembrerebbe la Whole Orchard Recycling. Prevede la rimozione e la frantumazione di alberi interi che vengono poi incorporati nel terreno prima di piantare i nuovi esemplari.

Questa pratica, secondo l’Università della California, Davis, rappresenta un’alternativa efficace e sostenibile, che dà molti vantaggi concreti all’agricoltura.  

Secondo lo studio, il Whole Orchard Recycling permette di migliorare le condizioni di salute e la produttività del frutteto, contribuisce al sequestro di carbonio nel suolo, riduce le emissioni di gas serra, migliora la struttura del suolo e aumenta l’efficienza nell’uso dell’acqua. Alcuni coltivatori della California hanno già iniziato a utilizzare questa tecnica e ne stanno valutando vantaggi e costi.

Lo studio ha testato il potenziale di questa pratica a lungo termine e i risultati hanno confermato che i benefici associati alla salute del suolo sono in grado di migliorare la sostenibilità e la resilienza dei mandorleti in situazioni di carenze idriche.  

È stata presa in esame la produttività di un mandorleto, valutando le differenze degli effetti della macinazione e della incorporazione della biomassa legnosa nel suolo rispetto a quelli della combustione della biomassa effettuata 9 anni prima. Sono state osservate anche le diverse esigenze idriche e la resilienza delle nuove piante cresciute nel suolo così trattato.

Il riciclo della biomassa ha migliorato la qualità del suolo, arricchendolo di nutrienti e aumentandone la porosità e la capacità di trattenere l’acqua. Questa pratica ha anche sequestrato livelli significativamente più alti di carbonio: 5 tonnellate per ettaro in più rispetto alla combustione. L’efficienza nell’uso delle acque di irrigazione è aumentata del 20 per cento e le rese sono aumentate del 19 per cento.

Per Amélie Gaudin, professore associato di agroecologia presso il Dipartimento di Scienze Vegetali della UC Davis, che ha lavorato al progetto, il risultato più impressionante è stato proprio quello relativo ai consumi d’acqua, una risorsa quanto mai strategica in California.

Morale? Capitalizzare sulla salute del suolo è sempre una scelta vincente. Per mitigare i cambiamenti climatici e per avere un’agricoltura più sostenibile e più produttiva, a vantaggio degli agricoltori e dell’ambiente.  

I risultati della studio sono stati pubblicati lo scorso 27 marzo in un articolo di Plos One, la ricerca è stata finanziata dal Dipartimento Food and Agriculture della California e dall’Almond Board of California.

La foto è di Amber Kerr.

Alessandra Apicella

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