Banche dati genetiche, alla ricerca della biodiversità per far fronte ai cambiamenti climatici

È partito un nuovo progetto che si propone di cambiare i paradigmi della produzione alimentare. L’obiettivo è sfruttare al meglio la biodiversità presente nelle banche genetiche per creare varietà di colture più resistenti.

Temperature elevate, precipitazioni irregolari, siccità, inondazioni e innalzamento del livello del mare stanno mettendo a dura prova la vita delle piante e l’agricoltura ma gli scienziati sono convinti di poter migliorare la resilienza della produzione alimentare proprio puntando sul grande patrimonio di materiale genetico presente nelle banche dati del seme. Incorporando questa diversità in nuove varietà di colture, si potranno così superare i molti ostacoli che causano la malnutrizione e la fame in tutto il mondo.

Il progetto durerà 5 anni, prevede un investimento di 25,7 milioni di dollari ed è guidato dall’International Maize and Wheat Improvement Center (CIMMYT), l’organizzazione di ricerca no profit affiliata al CGIAR (Consulting Group For International Agricoltural Research), la più grande partnership di ricerca agricola del settore pubblico al mondo. Tra i sostenitori, la Bill & Melinda Gates Foundation.

“Migliori raccolti possono aiutare i piccoli agricoltori a produrre più cibo nonostante le sfide del cambiamento climatico. Le colture di base resistenti alla siccità, come il mais e il grano, che garantiscono cibo in condizioni di scarsità d’acqua, e le varietà a crescita più rapida che producono buoni raccolti in stagioni di crescita irregolari possono fare la differenza per coloro che dipendono dall’agricoltura. Questo è il potenziale per un breeding adattativo al clima che va sfruttato e che è presente nelle banche genetiche di CGIAR”, ha affermato Claudia Sadoff, amministratore delegato, Research Delivery and Impact e Executive Management Team Convener, CGIAR.

Nell’arco dei cinque anni previsti dal progetto saranno identificati gli alleli o le variazioni geniche, responsabili di caratteristiche come calore, siccità o tolleranza al sale, che verranno poi opportunamente utilizzati per arrivare ad avere varietà di colture resistenti ai cambiamenti climatici, in particolare varietà di manioca, mais, sorgo, fagioli e riso. Il nome del progetto infatti è Mining useful alleles for climate change adaptation from CGIAR genebanks.

Negli ultimi 40 anni, i centri di ricerca CGIAR hanno costruito la rete di banche genetiche più grande e più accessibile al mondo. La rete conserva e mette a disposizione di scienziati e governi quasi tre quarti di milione di adesioni di colture, gruppi di materiale vegetale correlati ad ogni singola specie raccolti in località specifiche. Le banche genetiche CGIAR tengono in custodia circa il 10% del germoplasma vegetale mondiale, ma rappresentano circa il 94% del germoplasma distribuito ai sensi dell’International Treaty on Plant Genetic Resources for Food and Agriculture, che permette ai coltivatori di tutto il mondo di accedere alle componenti fondamentali di nuove preziose varietà.

“Adotteremo, per la prima volta, una strategia scalabile per identificare le variazioni utili nascoste nelle nostre banche genetiche e, attraverso il breeding, distribuiremo poi le nuove varietà agli agricoltori che hanno urgente bisogno di soluzioni per affrontare la minaccia del cambiamento climatico“, ha affermato Sarah Hearne, scienziata principale del CIMMYT e capofila del progetto.

Gli scienziati si avvarranno di tecnologie e metodologie all’avanguardia, utilizzeranno soluzioni di high performance computing e di Geographic Information System Mapping e adotteranno le tecniche più avanzate di miglioramento genetico delle piante.

Il progetto è una componente chiave di un’iniziativa più ampia incentrata sull’aumento del valore e dell’uso delle banche genetiche CGIAR per la resilienza climatica e fa parte degli Innovation Sprints coordinati dal programma Agriculture Innovation Mission for Climate (AIM4C), guidato dagli Emirati Arabi Uniti e dagli Stati Uniti.

Alessandra Apicella

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