Cibo sostenibile: una ricerca chiama a rapporto i supermercati e novità in arrivo per gli studenti dell’Università del Meryland

L’Università di Groningen e l’Università di Wageningen hanno avviato un progetto di ricerca che vede la partecipazione di quasi tutti i supermercati dei Paesi Bassi. Il nome del progetto non lascia dubbi, è “Transparently healthy & sustainable”, e l’obiettivo è altrettanto chiaro: definire i possibili interventi per comunicare in modo più trasparente con i consumatori aiutandoli a fare scelte più sane e sostenibili.

È un progetto unico nel suo genere proprio perché coinvolge le più grandi catene distributive e le sollecita a lavorare insieme alla ricerca di soluzioni efficaci condivise. Vi partecipano infatti CBL, Albert Heijn, Aldi, Jumbo, Lidl e Superunie. Il lavoro è iniziato il primo settembre e durerà quattro anni.

Secondo il professor Koert van Ittersum, che si occupa di Marketing e di benessere dei consumatori presso l’Università di Groningen, ci sono tante possibili strade da percorrere: dalla valutazione della reale efficacia dei logo “food choice” alla scelta del layout degli scaffali, che potrebbero vedere il posizionamento delle offerte in base alla salubrità delle alternative, all’impiego di carrelli intelligenti in grado di segnalare ai consumatori le opportunità più sostenibili.

Alla base di questo progetto c’è proprio la constatazione delle difficoltà che incontra il consumatore: si trova a dover leggere e interpretare una grande quantità di informazioni riportate sulle confezioni dei prodotti, dai valori nutrizionali ai dati sulle origini dei prodotti, ma tutte queste informazioni spesso non soddisfano i criteri di trasparenza, divulgazione, accuratezza e chiarezza.

Questa ricerca intende dunque fare il punto sui limiti delle attuali comunicazioni e si propone di individuare le soluzioni più efficaci per far sì che il consumatore riesca a fare le sue scelte in modo più consapevole ovunque. E ovviamente a prescindere dalle modalità di acquisto, sia recandosi fisicamente in un punto vendita fisico sia ricorrendo alla spesa online.

E in tema di cibo sostenibile l’Università del Maryland ha avviato un progetto particolarmente innovativo. L’ateneo infatti ha deciso di aderire al Cool Food Pledge, un’iniziativa promossa dal World Resources Institute cui partecipano imprese, hotel, ospedali e ristoranti. Tutti i firmatari insieme si propongono di ridurre le emissioni di gas serra legate al cibo del 25% entro il 2030.

Secondo i dati del World Resources Institute, l’agricoltura e l’attuale utilizzo del suolo sono la fonte di quasi un quarto di tutte le emissioni di gas serra ma cambiare abitudini alimentari e praticare l’agricoltura in modo più sostenibile possono essere scelte decisive per far fronte concretamente proprio ai cambiamenti climatici. Sempre secondo l’Istituto, l’americano medio potrebbe ridurre di quasi la metà gli impatti ambientali legati all’alimentazione semplicemente mangiando meno cibi di origine animale e più di origine vegetale.

Così l’Università del Maryland, con la società che si occupa del suo catering, la Dining Services, ha da poco avviato un vero lavoro di squadra per ridurre gli impatti ambientali. Verranno sfruttate le comunicazioni sui social, un’apposita app per smartphone e la programmazione del campus per condividere con gli studenti dati e informazioni sulle scelte di approvvigionamento dei prodotti e sui menù. La mobilitazione riguarderà tutti: il personale dell’ateneo, gli studenti e anche le loro famiglie.

Nelle cucine ci si ingegnerà per creare nuovi piatti utilizzando i prodotti di origine animale che hanno minori impatti ambientali e più alimenti a base vegetale, che richiedono meno terra, acqua e altre risorse naturali per la produzione; le associazioni studentesche saranno coinvolte nelle degustazioni dei cibi e nelle campagne di sensibilizzazione; i genitori saranno invitati a condividere con i cuochi ricette e preparazioni sane e sostenibili realizzate tra le mura domestiche.

Un dato significativo: Dining Services agli studenti serve in media 6 milioni di pasti l’anno. Questo progetto per l’Università è un’ottima opportunità per dare un contributo concreto alla riduzione delle emissioni in generale ma anche e soprattutto un investimento importante per il futuro: i giovani adotteranno nuove abitudini alimentari, che rimarranno anche quando i ragazzi lasceranno l’università e che potranno comunicare e condividere con tanti altri.

Alessandra Apicella

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