Dipenderà dalle radici il nostro futuro?

I cambiamenti climatici stanno mettendo in luce le fragilità del nostro pianeta e la vulnerabilità dei nostri sistemi alimentari. Ci stanno facendo anche riflettere sulle nostre responsabilità: siamo riusciti a distruggere o a rendere precari gli equilibri e la biodiversità, prerequisiti indispensabili per la salute del nostro pianeta e il futuro del nostro cibo.

E allora? Si ricomincia tutto da capo. Le radici delle piante, il suolo, le risorse necessarie alla loro crescita. Sulle dinamiche di questi semplici elementi, spesso dati per scontati, si sta mobilitando buona parte del mondo della ricerca.  

Un team di ricercatori recentemente ha pubblicato uno studio, Cytokinin functions as an asymmetric and anti-gravitropic signal in lateral roots, che potrebbe dare spunti interessanti per riuscire a coltivare in modo efficiente le piante anche in presenza di lunghe ondate di calore e di siccità.

Il team internazionale, guidato dal biologo cellulare Professor Jürgen Kleine-Vehn dell’Università di risorse naturali e scienze della vita di Vienna (BOKU), ha scoperto che sono due ormoni vegetali a determinare la direzione di crescita delle radici: la auxina e la citochinina. L’auxina è responsabile della crescita in profondità, la citochinina è responsabile della propagazione orizzontale.

In sintesi e banalizzando, alcune cellule che si trovano sulla punta della radice determinano la quantità di auxina che viene inviata nella parte inferiore della radice e hanno degli speciali sensori che ne definiscono l’orientamento. Se queste cellule inviano molta auxina verso il lato inferiore della radice si verifica una riduzione della crescita ma contemporaneamente questo provoca uno sviluppo in profondità della radice principale. L’ormone delle citochinine, invece, diventa attivo sul lato superiore della radice laterale e la fa crescere orizzontalmente. La distribuzione della citochinina è specifica per le radici laterali e dà loro la possibilità di diffondersi lateralmente.

I ricercatori hanno dimostrato che i due ormoni vegetali influenzano in modo sostanziale il sistema radicale delle piante e che si annullano a vicenda quando si tratta di radici laterali.

Questo studio sembrerebbe dare indicazioni importanti da un punto di vista pratico.

Ad esempio, si potrebbero avere piante con radici che crescono più profondamente nel terreno. Questo consentirebbe alla vegetazione di penetrare ulteriormente nel terreno e di sfruttare meglio le risorse del suolo, anche in zone geografiche particolarmente aride. Ma questa scoperta potrebbe anche contribuire a ridurre l’incompatibilità di certe varietà di colture perché se le radici di alcune piante crescessero in profondità si ridurrebbero i contatti con le piante vicine e in tal modo si potrebbero aumentare le rese per unità di superficie.

Anche all’università di Wageningen sono stati effettuati studi su questo argomento. Il professor Van der Oost, che si occupa di microbiologia, sostiene che il CRISPR-Cas potrebbe riportare in vita le colture nella loro identità originaria e potrebbe aiutare a trovare delle soluzioni per far fronte ai cambiamenti climatici. “Se apportiamo modifiche minime mirate a un pomodoro, permettendogli di crescere con radici più profonde, i pomodori saranno ancora in grado di prosperare in zone aride…questo vuol dire molte nuove opportunità per tanti agricoltori e consumatori che vivono in tanti Paesi dell’Africa e dell’Asia.

Ma su questo fronte, Israele, Paese notoriamente all’avanguardia nella Ricerca, soprattutto in campo agronomico, ha fatto una scelta precisa. Il 7 agosto il Ministero dell’Agricoltura ha comunicato che investirà circa 60 milioni di NIS nella creazione del nuovo National Genome Editing Center.

Il testo del comunicato è chiaro: da sempre l’uomo ha coltivato selettivamente il cibo nella speranza di identificare i ceppi che meglio si adattano alle sue mutevoli esigenze. In agricoltura, la tecnologia di editing genomico promette di rivoluzionare i metodi che abbiamo tradizionalmente usato per migliorare il cibo che mangiamo.

Il centro sarà impegnato a trovare risposte a esigenze sempre più pressanti quali nutrire una popolazione in costante crescita, migliorare la sicurezza alimentare, avere piante più resistenti alle malattie e ai parassiti e meno dipendenti dall’irrigazione e dalle risorse d’acqua disponibili.

In questo centro lavoreranno una ventina di ricercatori provenienti dalle quattro principali istituzioni accademiche israeliane: l’Istituto Volcani, l’Università di Tel Aviv, l’Università ebraica e l’Istituto Weizmann.

Quello dell’editing del genoma è sicuramente uno dei temi più controversi: riconosciuto e praticato negli Stati Uniti e in altri Paesi, con normative ancora in via di definizione, e osteggiato e non legittimato in Europa.

Ma se a prescindere dalle ideologie l’attenzione si spostasse sulla sicurezza alimentare? E se solo negli ultimi 10 anni si fossero fatte dei selfie …quante specie oggi si riconoscerebbero ancora?

Alessandra Apicella

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