Fertilizzanti: innovazioni rivoluzionarie con un DNA italiano

I fertilizzanti artificiali ci sono ma in tanti Paesi in via di sviluppo non sono facilmente accessibili. In Africa, ad esempio, il 60 per cento degli agricoltori ha meno di un ettaro di terra a disposizione, non ha denaro per comprare questi prodotti né avrebbe la possibilità di recuperarli perché non sono distribuiti in maniera diffusa sul territorio.

Così è nata l’idea di produrre fertilizzanti economici per i piccoli agricoltori africani in vista della ben nota sfida globale: riuscire a nutrire una popolazione mondiale in aumento. E quell’idea grazie al professor Fausto Gallucci e ai ricercatori della Eindhoven University of Technology è diventata realtà.

Gallucci, che si è laureato in Ingegneria Chimica presso l’Università della Calabria, dal 2010 è professore nel Department of Chemical Engineering and Chemistry dell’’Università di Eindhoven, nei Paesi Bassi, dove guida le ricerche nel campo dei reattori multifase.  

Con il suo team e altri partner scientifici internazionali, Gallucci è riuscito a costruire un piccolo impianto alimentato al plasma che produce fertilizzante liquido a base di azoto utilizzando solo sole, acqua e aria.

La tecnologia alla base di questa innovazione è molto avanzata ma l’applicazione è veramente semplice da utilizzare. “Abbiamo inviato un sistema alla National Agricultural Research Organisation (NARO) in Uganda, non avevano mai lavorato con la tecnologia del plasma prima ma sono stati in grado di produrre fertilizzanti nell’arco di un mese”, afferma Gallucci. “Il nostro sistema è piccolo, semplice e molto veloce. Una volta acceso, bastano pochi secondi perché inizi a produrre fertilizzante. Questo lo rende anche molto flessibile: lo fai funzionare solo quando c’è il sole e hai bisogno di fertilizzante”.

Il professor Gallucci spiega come funziona: “Il nostro mini-impianto utilizza la tecnologia al plasma. Il plasma, come sapete, è il quarto stato della materia ed è costituito da atomi e molecole ionizzati. Le insegne al neon, ad esempio, sono composti da plasma”.

Il plasma utilizzato nell’impianto non è termico: mentre gli elettroni che guidano la reazione raggiungono temperature estremamente elevate, il gas che lo circonda può rimanere relativamente freddo. Questo ovviamente consente di risparmiare energia. La soluzione progettata risulta un’alternativa interessante al metodo tradizionale con cui viene prodotto l’azoto, il cosiddetto processo Haber-Bosch, che richiede sia alta pressione che alte temperature e al quale si attribuisce l’emissione di 300 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

La produzione di fertilizzanti a base di azoto in un reattore al plasma si basa sul processo noto come fissazione dell’azoto. Converte l’azoto (N2) dell’aria in NOx, che a sua volta reagisce con l’ossigeno e l’acqua per formare nitrato (NO3-). Questo può quindi essere utilizzato come ingrediente per fertilizzanti liquidi.

“Per avviare il processo di conversione”, spiega Sirui Li, ricercatore nel gruppo del professor Gallucci, “le molecole di N2 devono essere prima ‘attivate’ introducendo una carica elettrica. Ciò garantisce che i legami che tengono insieme gli atomi di azoto si rompano, creando un plasma “.

Nel caso del mini-impianto, l’elettricità per la generazione di plasma è fornita dall’energia solare, una fonte economica e sostenibile ampiamente disponibile nei Paesi in via di sviluppo. Il processo è altamente efficiente: produce un fertilizzante liquido con un alto livello di nitrato che può essere facilmente assimilato dalle piante. In Uganda la ricercatrice del NARO, Stella Kabiri, ha confrontato questo fertilizzante con altri fertilizzanti presenti nel mercato locale e il risultato è stato eccellente: il contenuto di nitrati era di circa il 20 per cento, ovvero 14, 42 e 51 punti percentuali in più rispetto ai fertilizzanti solidi utilizzati come il nitrato di ammonio o l’NPK.

“Ancora più importante, il fertilizzante liquido può essere prodotto in loco e in base alle esigenze e questo consente a ogni agricoltore di decidere esattamente la quantità di fertilizzante e contenuto di nitrati di cui ha bisogno per il suo raccolto e il suo appezzamento di terreno”, dice Sirui Li. In prospettiva questo impianto potrebbe essere acquistato da una comunità per condividerne l’utilizzo o per affittarlo alle comunità vicine.

Al momento il costo del mini-impianto è ancora piuttosto elevato (circa 70.000 euro), ma Gallucci prevede che il prezzo scenderà notevolmente una volta prodotto su scala maggiore e per questo con alcuni soci ha dato vita a uno spin-off TU / e 4th State Technologies. L’obiettivo è riuscire a renderlo disponibile nel mercato nell’arco di 3-5 anni e esplorare anche altre promettenti applicazioni della tecnologia al plasma, come la cattura e il riutilizzo della CO2 per la produzione chimica.

Il progetto è nato dalla collaborazione tra l’Università tecnologia di Eindhoven, National Agricultural Research Organisation (Uganda), Soil Research Institute (Ghana), Nelson Mandela University (Sud Africa), Fraunhofer Research Association (Portogallo) ed Evonik (Germania) ed è stato finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Leap-Agri.

Il mini impianto che produce fertilizzante.
Il professor Fausto Gallucci.

Alessandra Apicella

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