Lieviti: potenzialità e prospettive

Il lievito di birra fa parte della nostra quotidianità ma ne esistono tanti altri ceppi, sembrerebbero migliaia, che vengono definiti lieviti selvatici e alcuni di loro sono stati impiegati per la produzione di birre speciali.  

Già nelle antiche fabbriche di birra, il miglior produttore di alcolici era il Saccharomyces cerevisiae. In tutto il mondo ne è stato compreso il suo potere ed è stato impiegato per la preparazione di alimenti e proprio per la produzione di birra, rendendolo uno dei più antichi organismi addomesticati.

Il S. cerevisiae e i suoi parenti stretti sono stati trasformati, attraverso un’attenta selezione o una modifica genetica, in produttori su scala industriale di etanolo, aromi, vitamine, proteine e farmaci come l’insulina e l’interferone.

Yanran Li, un assistente professore di ingegneria chimica e ambientale della Università della California Riverside, sta lavorando con le specie di lievito Saccharomyces cerevisiae, con l’obiettivo di trasformarlo in una piattaforma di bioproduzione per ormoni, come steroidi vegetali o fitosteroidi, con proprietà antitumorali

La metodologia impiegata è quella della biologia sintetica, che prevede il trasferimento di sistemi biosintetici responsabili della produzione degli steroidi desiderati nelle piante ai ceppi di lievito ingegnerizzati, in modo che il lievito li produca in abbondanza. Le piante non possono produrre eccessive quantità di questi steroidi perché ciò interferirebbe con la loro crescita.

Li confida che un giorno il suo gruppo di ricerca conoscerà a sufficienza come i fitosteroidi combattono il cancro e dunque sarà in grado di creare un fitosteroide personalizzato in grado di inibire il tumore o ucciderne le proprietà senza danneggiare le cellule normali lungo la strada. “Stiamo usando il lievito come fabbrica di cellule per produrre questi preziosi composti.”

Questo lievito, come sanno tutti i fornai, prospera in ambienti caldi, ma non troppo caldi, tuttavia avere strutture industriali con queste caratteristiche ambientali è impegnativo anche da un punto di vista economico, soprattutto in alcuni Paesi. Un fattore che rende insostenibile il suo impiego in alcuni processi industriali e ne limita anche la manipolazione genetica.

Abbiamo fantasiose tecniche di ingegneria genetica per il S. cerevisiae. Ma quando pensiamo ai possibili usi industriali a temperature più elevate siamo consapevoli di non poterle sfruttare “, ha dichiarato Ian Wheeldon, professore associato di ingegneria chimica e ambientale presso la UC Riverside, che utilizza la biologia sintetica per modificare i genomi dei lieviti selvatici.

Wheeldon sta lavorando invece sul Kluyveromyces marxianus, un lievito selvatico resistente al calore che si riproduce più rapidamente del lievito domestico  e che produce sostanze fruttate ideali per la produzione di profumi e aromi. Sta inoltre sviluppando nuovi strumenti multiuso per creare rapidamente nuove varietà di Yarrowia lipolytica, un lievito selvatico che consuma idrocarburi, come il petrolio, e produce grassi. Questi sono filoni di ricerca ancora insplorati, perché i lieviti selvatici sono meno conosciuti rispetto al S. cerevisiae, il cui genoma è stato sequenziato per la prima volta 24 anni fa.

“Esiste un’enorme variazione tra i lieviti selvatici e quelli domestici e quelli selvatici sono spesso imprevedibili”, ha dichiarato Justin Chartron, assistente professore di bioingegneria della UC Riverside, che studia come vengono prodotte le proteine nel lievito. “C’i sono molte potenzialità e c’è un’intera rete di macchine cellulari per riuscire a farlo e stiamo provando a far loro produrre più proteine di quanto farebbero normalmente.”

Il gruppo di Chartron utilizza un sequenziamento ad alto rendimento per trovare quali “meccanismi” o parti del metabolismo intervengono per individuare quali e in che misura vengono prodotte le proteine e per far sì che il lievito produca le proteine desiderate.

“Se chiediamo alla cellula di fare qualcosa che di solito non fa, la distrugge. Quindi dobbiamo disattivare quei percorsi, ma dobbiamo farlo in modo oculato senza condizionare la crescita della cellula”, ha detto Chartron. “La tecnica nota come optogenetica ci consente di disattivare quei percorsi.”

I ricercatori hanno affermato che il loro lavoro non è così diverso da quello ben noto ai fornai che usano la lievitazione naturale. “Stiamo osservando la natura per trovare alcune proprietà dei microrganismi e stiamo cercando gli strumenti per sviluppare tali proprietà”, ha detto Wheeldon. “Questi lieviti naturali sono esattamente il tipo di processo di cui stiamo parlando: trovi un organismo che produce acidi e lo coltivi per dare al tuo pane quel sapore aspro. Usiamo solo strumenti diversi”.

Alessandra Apicella

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