Con il riscaldamento globale, anche i pesci possono annegare

I pesci hanno bisogno di ossigeno per respirare. Per vivere recuperano l’ossigeno disciolto nell’acqua e quando la quantità è insufficiente sono costretti a spostarsi o subiscono effetti negativi.

A questo proposito molti studi hanno già rilevato che le concentrazioni di ossigeno stanno diminuendo in tutti gli oceani ma ora ricercatori della Università della California Santa Barbara e dell’Università della Carolina del Sud hanno documentato che più di una dozzina di specie di pesci si stanno spostando per l’assenza dell’ossigeno necessario. La ricerca, pubblicata su Global Change Biology ha comportato 15 anni di indagini e misurazioni.

“L’ossigeno sta diminuendo a tutte le profondità che abbiamo esaminato, da 50 metri a 350 metri”, ha detto l’autore principale Erin Meyer-Gutbrod “e i pesci si stanno spostando verso aree meno profonde dove il livello d’ossigeno è relativamente più alto.”

Le ragioni di una ridotta quantità di ossigeno sono diverse, dai cambiamenti negli ecosistemi alle tempeste, ma la causa principale è che l’acqua più calda trattiene meno ossigeno disciolto.

Generalmente i pesci tendono a respirare meglio in acque poco profonde perché l’ossigeno disciolto è frutto della miscelazione atmosferica che si verifica in superficie ma l’aumento delle temperature ha accentuato le differenze di densità tra l’acqua fredda e profonda e l’acqua calda di superficie e questo fenomeno ha portato l’oceano a stratificarsi, impedendo all’ossigeno di mescolarsi nelle profondità.

I ricercatori allora hanno cercato di capire e quantificare come il calo dei livelli di ossigeno influenza la distribuzione dei pesci. Quasi ogni autunno dal 1995 al 2009, hanno condotto indagini a varie profondità tra Anacapa e le isole di Santa Cruz nel sud della California. Hanno tenuto in osservazione tre zone caratteristiche dell’area: una lunga serie di ruscelli chiamati “Anacapa Passage” a circa 50 metri di profondità; un’area sottomarina chiamata “Footprint” a circa 150 metro di profondità e il “Piggy Bank”, a circa 300 metri di profondità.

Qui hanno identificato 60 tipi di pesci e nel corso di questi oltre dieci anni di indagini hanno rilevato che quattro specie si sono spostate più in profondità mentre 19 sono migrate in acque meno profonde. “Un terzo delle specie si è spostato in aree più in superficie”, ha detto Meyer-Gutbrod. “un dato importante visto il relativamente breve arco di tempo preso in esame.”

Ma oltre all’ossigeno disciolto, il team ha anche misurato la temperatura e la salinità, due fattori che sono rimasti relativamente costanti nel tempo.

Altri scienziati hanno utilizzato esperimenti di laboratorio per dimostrare che ai pesci non piace l’acqua a basso contenuto di ossigeno”, ha detto Meyer-Gutbrod, “ma quello che nessuno ha mai fatto è tornare nello stesso luogo anno dopo anno per vedere se si verifica effettivamente un cambiamento nella distribuzione dei pesci per una diversa presenza di ossigeno nel tempo”.

Il commento di Milton Love, ricercatore presso il Marine Science Institute della UC Santa Barbara: “Questa sembra essere la verifica di un’ipotesi piuttosto spaventosa. Vale a dire che i pesci vengono spostati fuori dai loro habitat ottimali. E il punto è che alla lunga molti di loro saranno costretti a lasciare i loro habitat“. Alcune specie potrebbero anche spingersi in aree in cui per le loro caratteristiche fisiologiche non sono in grado di sopravvivere.  

Da altri studi emerge anche che l’aumento delle temperature superficiali sta spingendo molti pesci più in profondità. Dunque, l’habitat dei pesci potrebbe essere compresso dall’alto dal calore e dal basso dalla disponibilità di ossigeno. “Quindi ora lo spazio e la banda di profondità che possono occupare si stanno restringendo e si restringeranno sempre di più nel tempo“, ha detto Meyer-Gutbrod. Un fenomeno che ha implicazioni anche per la pesca.

A queste condizioni i pesci potrebbero concentrarsi in alcune aree rendendo più semplici le operazioni per la loro cattura, ma Meyer-Gutbrod osserva: “Se getti la tua rete in acqua e ottieni una tonnellata di pesce – più di quanto sei abituato a ottenere – potresti pensare che è un’annata ottima e che forse la popolazione dei pesci sta aumentando'”. In realtà è un evento che deve destare preoccupazione: i pesci si stanno concentrando e ora si ritrovano schiacciati in un’area più ristretta, il risultato nel tempo è catastrofico per l’industria della pesca e per gli ecosistemi da cui dipende.

Prevedere come potrebbe evolvere il fenomeno e pianificare interventi adeguati è fondamentale, ma Love non ha dubbi “la soluzione è solo nelle nostre mani”.

La foto è di Southwest Fisheries Science Center Rov Dive Team.

Come si sono distribuite per effetto del riscaldamento globale e per la presenza di osssigeno alcune specie di pesci secondo lo studio condotto dall’UC Santa Barbara e dall’Università della Carolina del Sud. I ricercatori hanno osservato gli spostamenti dei pesci più giovani (meno di un anno, YOY) e adulti per 15 anni. Il grafico è di Meyer Gutbrod et Al.

Alessandra Apicella

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