Farm food o/e fast food?

Oggi a New York, a Sunset Park, c’è il più grande campo coltivato creato su un tetto di un edificio. È una struttura di oltre 13.000 metri quadri che produce pomodori, carote e cetrioli e altre verdure e ortaggi.

Quello situato nella Third Avenue è il terzo progetto di questa natura realizzato da Brooklyn Grange, il primo è stata inaugurato nel 2010 a Long Island City e il secondo al Brooklyn Navy Yard nel 2012.

La nuova apertura è stata considerata veramente una manna dal cielo per l’ambiente. Il campo funziona come una grande spugna, recupera l’acqua piovana, riduce l’inquinamento atmosferico e acustico, contribuisce a ridurre i costi energetici e il riscaldamento dell’area urbana, crea un habitat per la fauna selvatica. La sua vicinanza al Green-Wood Cemetery offrirà anche agli uccelli migratori e nativi un posto dove rifugiarsi.

Per la sua capacità di ridurre l’inquinamento ambientale il progetto è stato parzialmente finanziato dall’amministrazione locale con il “Department of Environmental Protection’s Green Infrastructure Grant Program”.

Per le coltivazioni vengono impiegati compost a base di rifiuti urbani. La metà dei prodotti coltivati in questi campi viene venduta ai ristoranti e Brooklyn Grange gestisce due mercati settimanali e consegna localmente attraverso un programma sostenuto dalla comunità, che collega gli agricoltori direttamente ai consumatori. Le sue mini aziende agricole ospitano anche 40 alveari. Ma oltre a coltivare ortaggi, Brooklyn Grange sui suoi tetti organizza visite e corsi per chi vuole conoscere da vicino l’urban farming, lezioni di yoga, eventi e anche matrimoni. Oggi la società ha ampliato la sua area di attività e si occupa di progettare e realizzare anche mini orti e giardini di fiori selvatici per clienti privati in tutta la città.

Il presidente del Borough, Eric Adams, partecipando all’inaugurazione della nuova toproof farm ha fatto dichiarazioni inequivocabili: “Non abbiamo bisogno di fast food, abbiamo bisogno di farm food… e non possiamo coltivare nuove terre ma possiamo utilizzare meglio i nostri tetti”.

Il World Economic Forum stima che entro il 2050 quasi il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città, conferma il ruolo chiave dei centri urbani nell’economia globale ma sottolinea che sono responsabili di circa tre quarti delle emissioni globali di CO2. E in questo scenario i progetti di urban farming sono fondamentali.

Un esempio virtuoso citato dal World Economic Forum è stato quello di Singapore e di Orcard Road, la zona in cui si trovano centri commerciali, grandi magazzini alla moda, ristoranti e locali ma anche una piccola azienda Comcrop, che coltiva con tecniche idroponiche proprio su uno dei tetti di un centro commerciale. Pur essendo di dimensioni ridotte l’azienda, con i suoi 600 metri quadri di superficie coltivata,  contribuisce in modo importante a fornire cibo sano e fresco ai ristoranti e ai locali vicini: verdure a foglia verde ed erbe come basilico e menta piperita che vende a bar, ristoranti e negozi vicini. Comcrop recentemente ha aperto un’azienda agricola di 4.000 metri quadrati ai margini della città.

Ma anche Las Vegas ha un fiore all’occhiello in tema di urban farming. L’anno scorso, Oasis Biotech, una delle più grandi aziende che si occupa di vertical farming negli Stati Uniti ha deciso di mettersi alla prova. Ha scelto di aprire un’azienda proprio a Las Vegas, città considerata una “mecca del cibo e del turismo” e caratterizzata da condizioni climatiche quanto mai ostiche. Ma Oasis Biotech è riuscita a colpire nel segno.  Oggi, con una superficie di circa 20.000 metri quadri, produce 1.500 libbre di microortaggi e lattuga al giorno usando il 90% in meno di acqua rispetto a una azienda agricola tradizionale, con consumi energetici ridotti grazie all’illuminazione al LED e senza usare pesticidi. Oasis Biotech sta vendendo i suoi prodotti con il marchio Evercress, con tempi di consegna che vanno dalle 24 alle 48 ore dalla raccolta al piatto, e sta lavorando con Get Fresh, una società di distribuzione alimentare di Las Vegas che serve molti dei ristoranti e dei casinò locali.

E allora fast food e farm food rimangono davvero due mondi così lontani? Il professor Joel L. Cuello, vice presidente della Association for Vertical Farming (AVF) e professore di Biosystems Engeneering all’Università dell’Arizona, parla di una prossima grande convergenza tra i due mondi. In fondo stanno cambiando gli orientamenti e la sensibilità dei consumatori e anche le catene di fast food sono sempre più impegnate a fornire cibi sani, freschi, salutari e sostenibili. Le vertical farms e l’urban farming potranno diventare le fonti primarie di approvvigionamento per verdure e ortaggi dei fast food e dei punti di ristorazione delle grandi città. Sarebbe un matrimonio di interesse semplicemente perfetto con evidenti vantaggi per tutti – consumatori, ristoratori, coltivatori – e un importante valore condiviso: la sostenibilità.

L’immagine del tetto a Sunset Park è di Brooklyn Grange.

Alessandra Apicella

2 Comments
  1. …altro che “ricerca di modelli di business”, i progetti di urban farming si stanno moltiplicando ed è proprio continuando a crescere e raggiungendo una “massa critica” che questa pratica potrà affermarsi come vero sostegno alla richiesta di cibo fresco a foglia nelle aree urbane. come diceva Totò “…è la somma che fa il totale…” 🙂
    resistere continuando a proporre vecchie concezioni e (questa volta si) vecchi modelli di business in questo campo è assolutamente miope. Il mondo cambia ma alcuni si rifiutano di vederlo e di guardare questa, una delle tante facce del cambiamento.

    1. La penso come te. Troppi rimangono arroccati sulle loro certezze, pensando che non ci possano alternative e che non ci sia niente da imparare. Guardarsi attorno fa solo bene, anche per farsi venire nuove idee o trovare spunti di miglioramento.

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