Fotosintesi, il lavoro del Max Plank Institute per emulare la perfezione della natura

Un team di ricercatori del Max Planck guidato da Tobias Erb dall’Institute for Terrestrial Microbiology di Marburg è riuscito a sviluppare una piattaforma per produrre in modo automatizzato moduli di fotosintesi di dimensioni cellulari. I cloroplasti artificiali sono in grado di legare e convertire l’anidride carbonica dei gas a effetto serra utilizzando energia luminosa.

Il processo di fotosintesi delle piante converte l’energia del sole in energia chimica, dando così ossigeno e cibo a tutti gli esseri viventi presenti sulla nostra terra e i cloroplasti, al cui interno si verifica il processo, sono i motori naturali più importanti del nostro pianeta. Molti scienziati considerano la ricostruzione artificiale di questo processo il “progetto Apollo del nostro tempo” perché aprirebbe prospettive rivoluzionarie. Si arriverebbe a produrre finalmente energia pulita: combustibile pulito e composti di carbonio puliti come nel caso degli antibiotici e di altri prodotti.

I ricercatori hanno provato a riprodurre i processi di una cellula vivente e sono riusciti a realizzare una piattaforma che produce in modo automatizzato entità fotosinteticamente attive di dimensioni cellulari, dunque “cloroplasti artificiali”, in grado di catturare e convertire l’anidride carbonica dei gas serra con la luce.

I ricercatori si sono avvalsi di due recenti innovazioni tecnologiche: la biologia sintetica per la progettazione e la costruzione di nuovi sistemi biologici,  quali gli aggregati reattivi impiegati nella cattura e nella conversione dell’anidride carbonica e la microfluidica, per l’assemblaggio di materiali di facile deformazione come nel caso di goccioline di dimensioni cellulari. “Avevamo bisogno di un modulo energetico che ci consentisse di alimentare le reazioni chimiche in modo sostenibile. Nella fotosintesi, le membrane del cloroplasto forniscono l’energia per la fissazione dell’anidride carbonica e abbiamo deciso di sfruttare questa capacità “, spiega Tobias Erb.

L’apparato di fotosintetico isolato dalla pianta di spinaci si è dimostrato abbastanza robusto da poter essere utilizzato per guidare singole reazioni e aggregati reattivi più complessi con grazie alla luce. I ricercatori hanno utilizzato il modulo metabolico artificiale, il ciclo chiamato CETCH. È composto da 18 biocatalizzatori che convertono l’anidride carbonica in modo più efficiente rispetto al processo presente in natura nelle piante. Dopo diverse fasi di ottimizzazione, il team è riuscito a fissare in vitro l’anidride carbonica in modo controllato.

La seconda sfida è stata l’assemblaggio del sistema all’interno di un’entità definita, su microscala e, in collaborazione con il laboratorio di Jean-Christophe Baret presso il Centre de Recherché Paul Pascal in Francia, i ricercatori hanno sviluppato una piattaforma per incapsulare le membrane semisintetiche in goccioline simili a cellule.

La piattaforma microfluidica è in grado di produrre migliaia di goccioline standardizzate che possono essere equipaggiate individualmente in base alle capacità metaboliche desiderate. “Siamo in grado di produrre migliaia di goccioline identicamente equipaggiate o possiamo dare proprietà specifiche a singole goccioline”, ha affermato Tarryn Miller, autore principale dello studio. “Questi possono essere controllati nel tempo e nello spazio dalla luce.”

Contrariamente alla tradizionale ingegneria genetica sugli organismi viventi, l’approccio dal basso verso l’alto offre vantaggi decisivi: si concentra su un design minimale e non è necessariamente legato ai limiti della biologia naturale. “La piattaforma ci consente di realizzare nuove soluzioni che la natura non ha esplorato durante l’evoluzione”, spiega Tobias Erb. A suo avviso, i risultati hanno un grande potenziale per il futuro.

Nel loro studio, gli autori sono stati in grado di dimostrare che dotare il cloroplasto artificiale di nuovi enzimi e reazioni ha portato a una capacità di fissare l’anidride carbonica che è 100 volte più veloce dei precedenti approcci sintetico-biologici. “A lungo termine, questi sistemi potrebbero essere applicati praticamente a moltissime aree tra cui la scienza dei materiali, la biotecnologia e la medicina, siamo solo all’inizio di questo entusiasmante sviluppo”.

Alessandra Apicella

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