Il valore delle biotecnologie e le esplorazioni di Veronica

Anche chi non sa nulla di biotecnologie viene conquistato dal suo racconto, sembrano speciali bacchette magiche in grado di individuare e creare nuove infinite alchimie. La vestale in questo caso è Veronica di Lorenzo, una giovane assegnista di ricerca all’Università degli studi della Tuscia, scienziata specializzata in questa branca della biologia.

In questo ateneo, punto di riferimento unico per l’agroalimentare italiano, Veronica è impegnata con il suo team di colleghi nel progetto NEMESI, un progetto del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali (DAFNE) che è coordinato dal professor Giorgio Mariano Balestra. L’obiettivo è sviluppare nuovi prodotti di origine naturale da applicare nella gestione delle malattie delle colture agricole: estrarre ed analizzare diversi composti, esplorando le opportunità delle biomasse dei sottoprodotti agricoli e alimentari in una prospettiva di vera economia circolare. Lei in particolare si sta occupando di valutare e testare componenti come lignina e cellulosa con cui poter realizzare microcapsule ideali per veicolare fitofarmaci.  

“Lo spirito di questo progetto è chiaro: eliminare l’impiego di sostanze chimiche che hanno implicazioni negative sul cibo che mangiamo e sul nostro ambiente e utilizzare quello che la Natura già ci dà e che proprio perché nasce da lei può essere in armonia, non alterare equilibri, ottimizzare gli esiti a beneficio degli stessi ecosistemi. La cellulosa, in particolare, si sta dimostrando un ottimo vettore per i fitofarmaci e può favorirne un assorbimento più efficace sia a livello di apparato radicale sia a livello fogliare, la lignina poi ha anche una funzione antimicrobica. E un aspetto importante è che sia la lignina sia la cellulosa sono a portata di mano, facilmente recuperabili ovunque nel nostro Paese.  Se poi pensiamo alla possibilità di abbinare certi composti ad altri come nel caso del chitosano o dell’amido si potrebbero avere effetti moltiplicati e ottimizzati. L’amido, ad esempio, permetterebbe un rilascio ottimale, perché graduale, degli stessi fitofarmaci.

“Sulle potenzialità dei composti ottenuti dalla lignina ho imparato molte cose nel corso del mio tirocinio all’Università di Helsinki, dove c’è una sensibilità particolare sui temi della sostenibilità, del green e del riciclo e dove queste sostanze, per la stessa geografia del Paese, sono recuperabili facilmente e in grande quantità. Ma a prescindere da questi casi, le potenzialità delle biotecnologie sono davvero molteplici e straordinarie perché hanno una grande varietà di applicazioni e offrono nuove prospettive e opportunità a tantissimi settori di mercato.”

Quali sono gli ostacoli e i possibili colli di bottiglia che ne stanno rallentando l’utilizzo?

“Il punto di partenza è proprio la Ricerca, e soprattutto la Ricerca pubblica, perché sono davvero tante le caratteristiche dei composti e le loro possibili interazioni da mettere in luce e valutare, e i tempi non sono certamente brevi. Gli investimenti sono indispensabili, sono fondamentali per dare alla Ricerca le risorse, gli strumenti, gli spazi e i tempi per indagare, comprendere e testare.

“L’altro aspetto importante è che la sostenibilità ambientale deve essere necessariamente sostenibilità economica, per questo è importante avere un coinvolgimento a livello di intera filiera. A questo proposito è evidente che la messa a punto e la messa in produzione degli impianti richiedono necessariamente altri investimenti. Ogni tipologia di biomassa richiederebbe un impianto ad hoc, sarebbe un costo oneroso e una soluzione che non darebbe i dovuti ritorni economici anche perché la stagionalità dei prodotti non ne garantirebbe un uso continuo e regolare nel tempo. Si potrebbe pensare a realizzare sistemi per la conservazione delle biomasse, che possono alterarsi e perdere le proprietà a noi utili, ma la vera opzione sostenibile è arrivare a creare degli impianti modulari in grado di gestire l’intero flusso, impianti che possano essere utilizzati in modo continuativo con ritorni importanti per le diverse filiere in gioco.”

“La nostra Università sta sviluppando molti progetti con una logica di filiera e sono davvero tante le piccole o medie aziende interessate all’innovazione che ci chiedono di collaborare. Questo è un aspetto molto particolare ed entusiasmante del nostro ateneo perché non è vissuto come castello arroccato isolato dal territorio ma come un partner vicino, da interpellare e con cui lavorare nella quotidianità. Forse non raccontiamo abbastanza tutti i nostri progetti, ma noi lavoriamo ogni giorno su tanti fronti di una vera sostenibilità, ambientale ed economica. Non scriviamo teoremi, semplicemente stiamo definendo e mettendo a punto tanti percorsi che possano essere realmente e facilmente adottati dalle aziende, a partire dalle più piccole”.

Non c’è molto da aggiungere, l’entusiasmo di Veronica fa bene al cuore ed è contagioso.

Un piccolo collage che fa vedere come da tralci di potatura si ottengono cellulosa e poi nanocristalli che vengono impiegati come vettori nei nano agrofarmaci.
Il team di ricercatori che sta lavorando al progetto NEMESI. Da sinistra nella foto: Sara Francesconi, Veronica, il professor Giorgio Mariano Balestra, Mirko Salustri, Daniele Schiavi e Linda Felici.

Alessandra Apicella

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