Insetti e globalizzazione, la parola a Lara

Lo sapevate che i topolini imparano a conoscere cosa devono e possono mangiare dalla mamma? Potete mettere sotto il loro naso qualcosa di prelibato ma non cederanno a nessuna tentazione, gli è stato insegnato di non fidarsi di un cibo sconosciuto.

Ecco se ascoltate Lara parlare dei topi o degli insetti, anche se l’argomento non è nelle vostre corde, verrete coinvolti davvero. Il racconto è leggero, anche se scientificamente inappuntabile, veloce, colorato e animato, riuscirete a vedere le scene come le ha viste lei, dopo tanti giorni, mesi, anni di osservazioni, test e studi.

Lara Maistrello è un’entomologa che lavora come ricercatrice all’Università di Modena e Reggio Emilia, nel Dipartimento di Scienze della Vita. Dal primo ottobre sarà Professore Associato. Oggi è un punto di riferimento per il mondo scientifico e anche per il mondo agricolo perché è una delle più grandi esperte di insetti, e soprattutto, ahimè, delle cimici asiatiche, quei piccoli animali considerati un vero flagello per l’economia mondiale.

Lara inizia a studiare biologia all’Università di Ferrara ma il suo mito è l’etologo Danilo Mainardi e così si trasferisce a Parma. È forse il maestro ad insegnarle a raccontare così la vita degli animali? Si laurea con una tesi sui topolini selvatici e durante il dottorato si occupa di termiti. Sempre animali sociali, particolarmente interessanti per chi come lei è affascinata dal comportamento animale. Non trova opportunità nel nostro Paese, così le cerca ovunque e presentando i risultati del suo dottorato durante un congresso in Australia trova proprio in quel Paese una chance.  In quegli anni le termiti “formosane” stavano creando danni giganteschi negli Stati Uniti ed erano oggetto di molteplici studi. Le offrono una posizione “post-doc”. Il suo lavoro è molto apprezzato e al termine dei due anni previsti viene promossa a Research Assistant Professor. Dopo solo alcuni mesi, per ragioni familiari rientra in Italia e nel giro di breve tempo vince il posto come ricercatore all’Università di Modena e Reggio Emilia. Dal 2002 è ed è sempre stata l’unica entomologa dell’ateneo.

Negli anni Lara si è costruita un know how unico nel suo campo e ha consolidato relazioni e collaborazioni con i più grandi esperti internazionali. È appena tornata da Perugia, dove ha presentato gli ultimi risultati delle sue ricerche alla “IEIC6”, la sesta edizione dell’International Entomophagous Insects Conference.

“In Italia è stato appena firmato il decreto per consentire l’introduzione di organismi non indigeni per il controllo biologico, deve essere ancora approvato dai Ministeri dell’Agricoltura, della Salute e dell’Ambiente – afferma Lara – e i tempi non saranno brevissimi. Tutto è partito dalla necessità di trovare alternative sostenibili per contrastare proprio la famigerata cimice asiatica, che ha portato anche a un uso massiccio di insetticidi ad ampio spettro: il loro impiego oltre a danneggiare gli ecosistemi è risultato assolutamente inefficace. Stime di questi giorni parlano di oltre 250 milioni di euro di danni provocati nel 2019 da questo insetto nel Nord Italia, con perdite di circa l’80-100 del raccolto, soprattutto nei frutteti.

“Tutta l’attenzione è quindi rivolta alle potenzialità dell’impiego del Trissolcus japonicus, la cosiddetta “vespa samurai”, che è una minuscola vespa (1-2 mm) totalmente innocua per l’uomo le cui femmine depongono le uova nelle uova delle cimici. In Asia è il più efficace nemico naturale delle pestifere cimici. Dovranno essere fatti test e studi più precisi sui potenziali effetti dell’impiego di questi antagonisti naturali nei nostri ecosistemi ma sicuramente questo decreto apre prospettive concrete per affrontare il problema.

“Al momento non riusciamo a dire in che quantità e con che effetti concreti la loro presenza potrebbe salvaguardare le coltivazioni – continua Lara – ma sicuramente queste vespe saranno in grado di ridurre considerevolmente la presenza delle cimici anche se non riusciranno a farle scomparire del tutto. E oggi tutta l’Europa sta guardando l’Italia come apripista di una nuova serie di pratiche, anche perché nel frattempo questi insetti si sono rapidamente diffusi in quasi tutti i Paesi del continente.”

Come sono arrivate in Italia e come mai la loro diffusione è diventata così massiccia e devastante?

“Le cimici in autunno smettono di mangiare e cercano posti asciutti e protetti per andare in letargo, così si annidano dovunque: nei magazzini, nei container, dentro a camion e automobili, scatole, valige e vestiti… Diventano quindi “autostoppisti” che viaggiano con noi e con tutte le nostre merci, diffondendosi ovunque e penalizzando anche l’export. Sono diventate un grande problema soprattutto per tutte le aziende che esportano i loro prodotti in Oceania, in termini di costi e tempi: per evitare l’incursione clandestina delle cimici, Australia e Nuova Zelanda già da due anni richiedono obbligatoriamente un certificato che attesta l’esecuzione di specifici trattamenti basati sul calore.

“Dai nostri studi è emerso che verosimilmente l’invasione del nostro Paese è cominciata nel 2009, circa 4 anni prima del primo rinvenimento in Emilia – afferma Lara –   le analisi del DNA che abbiamo effettuato ad UNIMORE sulle cimici asiatiche raccolte in Italia hanno dimostrato che sono arrivate in più ondate proprio grazie all’autostop sulle merci provenienti dall’Asia e sui veicoli che viaggiano dalla Svizzera, dove erano presenti dal 2004. Giunte nel nostro Paese hanno trovato abbondanza di cibo – attaccano tantissime specie di piante coltivate, ornamentali, spontanee – clima favorevole e nessun antagonista naturale specifico. La loro popolazione è aumentata in maniera esponenziale e si è diffusa rapidamente: sia per la loro elevata mobilità intrinseca, gli adulti possono volare per alcune decine di km/giorno, sia per la loro natura di autostoppiste, soprattutto nel periodo autunnale. L’Expo 2015 è stata purtroppo anche per loro una grande opportunità per diffondersi davvero ovunque.

“I cambiamenti climatici e l’evoluzione dei nostri ecosistemi stanno riducendo la biodiversità e l’aumento del viaggio delle merci e la globalizzazione del commercio favoriscono lo spostamento degli organismi e questo moltiplica i problemi associati alle specie invasive. La cimice asiatica è un esempio emblematico. Solo continuando a studiare le loro evoluzioni e progredendo nella ricerca si potranno individuare soluzioni sostenibili per la gestione dei nostri campi e per la tutela della nostra agricoltura.”

Con Lara torneremo a parlare, non siamo riuscite a chiederle cosa pensa di insetti e proteine alternative. Chi meglio di lei può aiutarci a capire quali sono le reali opportunità?


Alessandra Apicella

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