I dati del rapporto “Stato della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero 2020” indicano che il 75 percento degli stock ittici ha risentito di uno sfruttamento eccessivo della pesca, preservarli diventa dunque il prerequisito indispensabile per garantire il domani della stessa pesca, e del nostro cibo. Il rapporto è stato realizzato dalla GFCM, General Fisheries Commission for the Mediterranean, l’organismo creato dalla FAO per tutelare l’uso sostenibile e la conservazione delle risorse marine nel Mediterraneo e nel Mar Nero.
“Vogliamo avere la certezza che i pesci si riproducano prima di essere catturati, perché questo è fondamentale per la sostenibilità della pesca sul lungo periodo,” ha dichiarato Elisabetta Betulla Morello, funzionario FAO per le risorse ittiche presso la GFCM.
Una sfida che richiede uno sforzo condiviso perché molte specie si spostano attraverso i confini internazionali e i cambiamenti climatici stanno modificando anche i loro comportamenti.
Per queste ragioni, due iniziative promosse dalla FAO si stanno dimostrando modelli virtuosi di cooperazione, sono i progetti AdriaMed, nel Mare Adriatico, e MedSudMed, nel Mediterraneo centrale.
Operativo dal settembre del 1999, FAO-AdriaMed è un progetto finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf), dal 2007 dalla Commissione Europea e da gennaio 2016 dal Ministero dell’Agricoltura croato e da febbraio 2018 dal Ministero dell’agricoltura, alimentazione e silvicoltura della Slovenia. L’obiettivo è promuovere la cooperazione scientifica tra i Paesi adriatici (Repubbliche di Albania, Croazia, Italia, Montenegro e Slovenia), in linea con il Codice di Condotta per una Pesca Responsabile (ONU-FAO).
Il principale risultato della collaborazione tra Croazia e Italia, dopo 15 anni di studi e di consultazioni di carattere scientifico, è stata la firma di un accordo bilaterale per proteggere gli stock ittici e i loro habitat nell’Adriatico settentrionale. Al termine di questo processo, nel 2017 è stata creata una zona di pesca regolamentata (ZPR). L’area, che abbraccia le acque circostanti l’isolotto vulcanico di Pomo (Jabuka in lingua croata), ha una superficie di 1.400 chilometri quadrati ed è diventata territorio di riproduzione del nasello comune e dello scampo. La pesca con reti a strascico è vietata in modo permanente e altre attività di pesca sono limitate a determinati periodi dell’anno. L’area è sorvegliata dalle imbarcazioni responsabili delle ispezioni in mare e dalle unità della guardia costiera.
Questa iniziativa sta dando vantaggi importanti all’ambiente
ma anche ai pescatori, che grazie al recupero della biodiversità, traggono
profitto da un pescato sempre più abbondante e di pregio.
L’altro progetto è MedSudMed, coinvolge Italia, Libia, Malta e Tunisia, Paesi
costieri che storicamente si contendono le risorse marine. Negli ultimi anni,
questi Paesi hanno collaborato per raccogliere informazioni e utilizzare
criteri comuni per la gestione di risorse marine condivise.
Uno dei risultati più importanti del Progetto è stato il miglioramento del monitoraggio subregionale delle risorse ittiche che ha coinvolto gli istituti di ricerca dei Paesi partecipanti. L’iniziativa si è basata su un grande lavoro di standardizzazione di metodologie e protocolli nell’ambito delle attività di ricerca, uno sforzo che ha consentito di approfondire le conoscenze sulla distribuzione spaziale degli stock ittici, in particolare per le specie bersaglio di interesse comune per i quattro paesi partecipanti, e ha permesso di localizzare le zone di riproduzione e di vivaio e le principali caratteristiche dei raggruppamenti ittici.
Nel 2016, grazie al progetto MedSudMed, le iniziative di Italia, Libia, Malta e Tunisia hanno portato all’adozione del primo piano di gestione plurinazionale del Mediterraneo per la pesca con reti a strascico e la protezione delle aree di pesca vulnerabili. “Sono del parere che alla base del successo vi sia la cooperazione,” ha affermato Betulla Morello. “L’area di Jabuka/Pomo è un esempio calzante di migliore prassi nel campo della cooperazione internazionale, un modello per molti altri paesi e per tutta la regione.”
Oggi sono quasi 1,8 milioni i chilometri quadrati di habitat marini protetti grazie alle 10 ZPR create dalla GFCM nel Mediterraneo e nel Mar Nero.