Wageningen, nuovi studi sulle piante, anche in vista dei cambiamenti climatici

Gli alberi possono diventare altissimi ed è grazie a un sistema efficientissimo che l’acqua dalle radici arriva in modo capillare a tutta la pianta fino a raggiungere le foglie.

Questo sistema vascolare chiamato xilema aumenta di complessità in base al livello evolutivo delle piante ed è una rete di contenitori di pareti cellulari tubolari che sono formati da cellule. Queste prima di morire organizzano uno strato di parete secondaria con bande insolite e schemi a spirale che in molti casi lignifica per fornire ulteriore forza, resilienza e impermeabilità a queste strutture. Per questo le cellule xilematiche forniscono un efficiente sistema di trasporto dell’acqua ma danno anche una struttura stabile alle piante e agli alberi.

Nonostante siano state condotte molte ricerche sulla formazione generale delle pareti cellulari, non è stato ancora chiarito come il citoscheletro dei microtubuli viene riorganizzato in tali schemi a filigrana durante la formazione della parete secondaria.

Ora grazie a una serie di esperimenti e simulazioni al computer, i ricercatori della Wageningen University & Research in collaborazione con colleghi in Germania e in Australia sono riusciti a studiare la formazione di questo sistema in modo più dettagliato e a visualizzarlo in modo spettacolare.

“Un ostacolo per riuscire a comprendere questi meccanismi è che le cellule dello xilema sono sepolte sotto molti strati cellulari, di conseguenza, non possono essere osservate direttamente al microscopio. Per questo abbiamo usato un approccio genetico con l’obiettivo di rendere questo processo visibile al microscopio”, spiega Kris van ‘t Klooster del Laboratorio di Fisiologia Vegetale.

I ricercatori hanno utilizzato la tradizionale pianta modello per le ricerche, l’Arabidopsis thaliana, e l’hanno modificata geneticamente in modo che tutte le sue cellule fossero costrette a formare xilema e quindi pareti cellulari secondarie. “Abbiamo dotato le nostre piante di un ‘interruttore genetico’ in modo da riuscire ad attivare il meccanismo di sviluppo dello xilema dall’esterno in modo mirato. In questo modo, tutte le cellule della pianta diventano cellule xilematiche, in particolare quelle in superficie che sono facili da studiare con la microscopia ad alta risoluzione “, ha dichiarato Van ‘t Klooster.

Utilizzando tecnologie avanzate i ricercatori sono stati in grado di descrivere i processi che guidano il riarrangiamento dei microtubuli durante la formazione dello xilema. Grazie a una tecnica di imaging automatico sono stati raccolti i dati e per mezzo di dettagliate simulazioni al computer è emerso che le bande di microtubuli e le spirali si formano simultaneamente su tutta la superficie cellulare e che il modello risultante viene quindi ulteriormente riorganizzato fino a una distribuzione ordinata finale. Il team di scienziati ha rilevato che l’intero processo di trasformazione di una cellula per diventare una vera cellula xilematica richiede diversi giorni ed è anche riuscito a identificare un complesso proteico, KATANIN, che si è rivelato determinante per la formazione tempestiva e ordinata delle pareti secondarie.

Sulla base di questi risultati, la ricercatrice Eva Deinum (Biometris) lavorerà con il dottorando Bas Jacobs per condurre ulteriori indagini. Questo permetterà di comprendere ulteriormente le dinamiche che portano alla formazione delle pareti secondarie nelle piante ma consentirà anche di recuperare indicazioni utili per prevedere come potrebbero adattarsi le piante ai cambiamenti climatici. La loro sopravvivenza dipende in gran parte proprio dalla capacità di adattamento dei vasi xilematici.

L’immagine e il video sono di Wageningen University & Research.

Alessandra Apicella

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