Cinzia e il suo piccolo regno del Parmigiano Reggiano bio

I dati parlano chiaro: il bio made in Italy piace. Piace a noi italiani e piace all’estero. Secondo Nielsen nel 2017 le vendite di biologico in Italia avevano raggiunto i 3,5 miliardi (+15% rispetto al 2016 e +153% rispetto al 2008) e l’export era stato di quasi 2 miliardi, circa il 5% (+16% rispetto al 2015, +408% rispetto al 2008) sull’intero export agroalimentare italiano. Un totale che supera i cinque miliardi (+9% rispetto al 2016 e +218% rispetto al 2008). E il 2018 conferma questo trend positivo. Gli ultimi dati di scenario rilevati da Nielsen e presentati da AssoBio, l’associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici, indicano un tasso di crescita del 10,5%, un dato molto significativo visto che l’alimentare nel suo complesso cresce solo del 2,8%.

E tra i protagonisti di questa rivoluzione culturale, che sta cambiando i costumi alimentari di un numero crescente di consumatori, c’è Cinzia Rosi che, con la complicità di suo cognato Graziano Poggioli, ha avuto l’intuizione di far convertire le aziende agricole e la produzione del caseificio al bio. Un percorso partito nel 1988, lento e complesso, spesso pieno di ostacoli, che tutti hanno sempre affrontato senza mai perdere l’energia e l’entusiasmo. Basti pensare che ci sono voluti 6 anni per ottenere la certificazione biologica.

La sua famiglia faceva questo mestiere e ha assorbito tutto: conoscenze, tradizioni, segreti, profumi, odori, rumori. “Praticamente sono nata e cresciuta in un caseificio” dichiara con orgoglio. Poi si è sposata a 20 anni con un agricoltore e con un’altra ondata di entusiasmo ha imparato tanto anche di quest’altro mestiere.

Così a Pompeano di Serramazzoni sui primi rilievi dell’Appennino Modenese in un luogo incontaminato, tra i 600 e gli 800 metri di altitudine, con una vocazione storica per la produzione del Parmigiano Reggiano, è venuta l’idea di fare un balzo in avanti, passare da un formaggio già perfetto a un formaggio ancora più speciale: il Parmigiano Reggiano bio.

E se nella zona tutti già sono quotidianamente impegnati a ottenere solo la qualità – agronomi, veterinari e alimentaristi – per la produzione del Parmigiano Reggiano bio tutto è ancora più meticoloso. Non si usano né pesticidi né diserbanti né concimi chimici di sintesi, si prediligono trattamenti omeopatici e fitoterapie, sono vietati alimenti OGM ed il benessere degli animali è garantito da una alimentazione perfettamente bilanciata e naturale, dove svolge un ruolo fondamentale l’erba medica recuperata anche dal territorio e fatta arrivare dal Delta del Po.

Il Santa Rita Bio Caseificio Sociale 1964 oggi coinvolge 6 aziende a conduzione familiare che costituiscono tutta la filiera del Parmigiano Reggiano bio, dagli agricoltori che coltivano il foraggio agli allevatori, tante persone che condividono gli stessi valori e lo stesso amore per il territorio, che deve essere rispettato per garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti e per assicurare ricchezza anche per il futuro. Qui vengono prodotte con cure certosine 14 forme di Parmigiano al giorno, ma una di loro è speciale. Quando Cinzia lo racconta si illumina. Una forma è prodotta solo con il latte di Vacca Bianca Modenese (Presidio SlowFood), la razza storica autoctona che stava per sparire perché preferita alla frisona, più generosa nella produzione del latte. “Ma il latte della Modenese ha un profumo ed un gusto davvero speciali, che vengono trasmessi anche al formaggio”. Un semplice assaggio lo conferma.

Il Parmigiano Reggiano bio si trova nei punti vendita di NaturaSì ma Cinzia lo racconta appena può partecipando a eventi e fiere e aprendo le porte delle aziende agricole e del caseificio a chi vuole vedere e capire come nasce ogni giorno questo prodotto unico. Anche la stampa internazionale ha voluto incontrarla e conoscere da vicino questo gioiello del made in Italy.

La sua avventura, iniziata con tanta determinazione e altrettanta fatica, oggi è una bella storia di successo, costellata da premi e riconoscimenti, ma in cui comunque la fatica rimane: trasferimenti, ore e ore negli stand delle manifestazioni, sempre pronti a spiegare, far assaggiare, far riconoscere le differenze. Ma l’entusiasmo di Cinzia annulla anche la stanchezza fisica. Ama il suo prodotto e ama incontrare le persone da cui sostiene di imparare e ricevere sempre qualcosa, fosse solo un sorriso. È forse questo il segreto della sua inarrestabile energia?

Alessandra Apicella

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