Made in Italy, logistica e sostenibilità. Spunti di riflessione

Nei tanti appuntamenti virtuali organizzati in vista dell’expo di Dubai 2021 vengono regolarmente citati i ben noti punti di forza e gli altrettanti ben noti punti di debolezza del nostro rinomato Made in Italy agroalimentare. In sintesi, nel nostro Paese le eccellenze sono tante ma spesso sono prodotte da una marea di piccole e piccolissime aziende che non hanno la massa critica e la capacità necessarie per far arrivare quella qualità unica nei mercati, nazionali e internazionali. Tra i fattori chiave abilitanti, strettamente correlati: l’e-commerce e la logistica.

Nel corso di un webinar, Olga Simeoni ha fatto alcune considerazioni proprio sul tema della logistica. Olga è avvocato e consigliera d’Amministrazione del Centro Agroalimentare di Roma,

Ecco una sintesi di alcune sue riflessioni.

La transizione dell’economia italiana deve essere guidata dalla sostenibilità, quindi ogni possibile azione, anche in tema di logistica, deve essere valutata per i suoi impatti economici, ambientali e sociali.

La creazione di nuove piattaforme logistiche porterebbe a un crescente consumo del suolo con il rischio di assistere a una nuova speculazione edilizia e a relativi effetti devastanti sull’ambiente e sulla società. Richiederebbe, infatti, la necessità di impermeabilizzare e desertificare in modo irreversibile suoli agricoli fertili, frammentando il territorio e favorendo il dissesto idrogeologico. Una mossa impraticabile sul fronte della sostenibilità ambientale e della lotta ai cambiamenti climatici.

I dati. Secondo il report 2020 del SNPA (Sistema Nazionale per la protezione dell’ambiente) sul consumo di suolo, in Italia vengono coperti artificialmente 16 ettari di terreno al giorno per un totale di 57,5 km quadrati in un solo anno. Solo 5,6 km quadrati sono stati ripristinati con un ritorno del suolo consumato ad aree naturali.

Le aree perse negli ultimi sette anni garantivano la fornitura di 3.700.000 quintali di prodotti agricoli, 25 mila quintali di prodotti legnosi, lo stoccaggio di 2 milioni di tonnellate di carbonio. Hanno comportato la perdita di 300 milioni di metri cubi d’acqua piovana, necessaria a rifornire le falde acquifere. Un danno, secondo il rapporto, che supera i 3 miliardi di euro ogni anno.

Per la logistica la strategia dovrebbe prevedere lo sfruttamento e l’ottimizzazione delle infrastrutture già esistenti evitando interventi sui territori. Dunque, si potrebbe sviluppare e razionalizzare i centri Agroalimentari già presenti nel Paese quali principali hub logistici nazionali ed internazionali, ma anche recuperare e riqualificare una serie di siti industriali e capannoni dismessi, già in prossimità di rete stradali e ferroviarie. 

A livello nazionale, si dovrebbe riuscire a creare una rete e un percorso virtuoso in base al quale tutti i prodotti delle nostre piccole imprese, ovunque siano coltivati o realizzati, possano raggiungere piccoli hub territoriali, vicini a porti, linee ferroviarie o strade. Questi hub potrebbero inviare le merci direttamente nei mercati internazionali o spedirle a hub intermedi o ad un hub “madre” nazionale in grado di gestire tutti gli aspetti logistici necessari. Anche il più piccolo agricoltore locale dovrebbe poter contare su servizi concertati per far arrivare le sue poche e pregiate prelibatezze nelle mani dei giusti chef, ovunque nel mondo.

Dunque, per la logistica, secondo Simeoni, servirebbe un piano regolatore nazionale (impatti ambientali, economici e sociali) pensato su un sistema di trasporto intermodale, una rete strutturata ed efficiente capace di garantire il viaggio e la consegna ottimali e tempestivi dei nostri prodotti nel nostro Paese e nei mercati esteri. Un efficace e-commerce non può prescindere da una logistica efficiente.  

Concludendo il suo intervento Olga ha fatto riferimento al ruolo che potrebbe avere la rete dei mercati generali Italmercati ma ha anche ammesso di pensare a un modello simile a quello del gigantesco centro francese di Rungins, punto di riferimento nazionale per tutte le produzioni locali. 

Che siate d’accordo o no, questa è una visione pragmatica. Molto femminile.

Alessandra Apicella

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