Melinda e il territorio, artefice e custode della qualità

Da bambini si faceva un gioco, si dovevano dire velocemente associazioni di parole che avevano legami logici e immediati tra loro. In un caso questo gioco ha sempre avuto uno stesso esito, a prescindere dalle generazioni coinvolte: la parola mela ha sempre richiamato le parole Trentino e Melinda.

Le ragioni sono semplici e complesse contemporaneamente. Queste mele sono davvero speciali: per il loro profumo, la loro consistenza, il loro gusto unico, le loro proprietà nutrizionali. La complessità nasce invece dal fatto che i loro segreti sono conosciuti solo dai 4.000 soci delle 16 cooperative del Consorzio Melinda. Sono segreti che, anche se svelati, non possono essere copiati e replicati: l’unicità di quelle mele viene da quella terra, quell’aria e quell’acqua ed è il risultato dell’amore e della cura di tutti quei coltivatori proprio per quella terra, quell’aria e quell’acqua.

Dietro il brand Melinda c’è una lunga storia, con origini lontane che risalgono alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando le persone del posto hanno smesso di occuparsi di gelsi e viti e hanno deciso di dedicarsi alla coltivazione di mele e pere.

Le evoluzioni sono state tante ma le principali hanno realmente cambiato le dinamiche dell’economia della Val di Non e della Val di Sole, dove oggi si coltivano le mele Melinda.

Piano piano, grazie alla loro unicità, le mele coltivate in Val di Non cominciano a essere molto apprezzate e parte il solito, prevedibile film: iniziano a diffondersi sul mercato finte mele Val di Non. Nel 1989 quindi le cooperative coinvolte decidono di registrare un marchio che identifichi l’origine delle mele, il marchio Melinda appunto, e nasce il disciplinare di produzione della Mela della Val di Non, che norma la zona, i metodi di produzione, gli standard di qualità di prodotto e il relativo processo di controllo.

Nel 1997 nasce anche il Consorzio Melinda che riunisce le cooperative e si occupa della vendita centralizzata di tutta la produzione. Debutta anche “MondoMelinda”, il centro che il Consorzio apre ai visitatori dove si possono acquistare tutte le specialità di Melinda e di tutto il territorio, ma dove si può anche imparare a degustare i frutti e si possono scoprire alcuni segreti della loro coltivazione, conservazione, selezione e confezionamento. Ogni anno sono oltre 40.000 le persone che si avventurano nel MondoMelinda e ne escono sorprese e conquistate.

Nel 2003, arriva un grande risultato: le varietà Golden Delicious, Red Delicious e Renetta Canada Melinda, ai tempi circa il 95% della produzione del Consorzio, ricevono il riconoscimento DOP Mela Val di Non dalla Comunità Europea. È la prima volta che delle mele italiane lo ottengono.

Ma nel 2009 succede un episodio che dà vita ad altri importanti cambiamenti nella vita del Consorzio. I meleti vengono attaccati dalla fitoplasmosi. “Tutti noi ci siamo trovati in difficoltà e abbiamo colto l’occasione per ripensare e ridisegnare l’impostazione dei nostri campi e dei filari, afferma Mauro Erlicher, responsabile di stabilimento della Cooperativa Cocea. “Abbiamo fatto investimenti notevoli per razionalizzare 6.700 ettari di superficie. Le nostre piante, che prima superavano i 5 metri di altezza, ora raggiungono al massimo i 3,5 metri e la loro produttività è aumentata. L’aumento delle rese ci creava una nuova esigenza, dovevamo trovare nuovi spazi per conservare i frutti in maniera adeguata.”

Le nostre mele – continua Erlicher – vengono conservate in atmosfera controllata, il valore dell’ossigeno non deve mai superare né scendere sotto l’1,3 per cento. Questa condizione rallenta la vita della mela, mantenendone intatti i valori degli amidi e degli zuccheri. Quando le mele vengono estratte dalle celle frigorifere l’ossigeno le riporta in vita e i frutti sono perfetti, come se fossero stati appena raccolti.”

Valutazioni, confronti e poi un’idea: in quella zona c’erano delle grotte scavate nella roccia Dolomia da cui l’azienda Tassullo estraeva la calce con cui produceva malte speciali. Queste grotte erano ormai inutilizzate, e allora perché non affidare proprio a quelle cantine speciali la conservazione delle mele?

“Ovviamente per comprendere la fattibilità del progetto abbiamo lavorato con la Fondazione Edmund Mach, nostro punto di riferimento da sempre per la ricerca in campo agrario, e abbiamo realizzato una piccola cella per testarne l’efficienza e poi valutare nei dettagli l’applicabilità del progetto. Quelle cave erano asciutte perché sovrastate dall’argilla e c’erano dei giacimenti d’acqua sottostanti: non serviva alcun intervento strutturale, erano il posto perfetto per conservare le nostre mele.”

Così sono nate le celle ipogee di Melinda, che si trovano a 900 metri dall’ingresso delle cave della Miniera di Rio Maggiore, a 300 metri sotto le radici degli alberi di melo, un frigorifero naturale che rispetta l’ambiente ed è in perfetta armonia con il territorio. Sopra quella superficie ci sono gli stessi campi di quei meleti i cui frutti saranno conservati proprio dalla terra che li ha prodotti.

Questo è il primo e unico impianto al mondo per la frigo-conservazione di frutta in ambiente ipogeo ed in condizioni di atmosfera controllata – afferma con orgoglio Erlicher – e il nostro progetto ha ricevuto anche il riconoscimento ideato da Bernoni Grant Thornton per le imprese italiane che maggiormente hanno investito in iniziative a tutela dell’ambiente, a favore dell’economia e del territorio.

Le celle ipogee di Melinda, infatti, sono un perfetto esempio di sostenibilità ed anche di economia circolare. Consentono di ridurre il consumo di energia e di risorse idriche – il raffreddamento è dovuto proprio alle condizioni termiche delle cave – non sono necessari pannelli coibentanti in poliuretano, le cave dismesse non venivano utilizzate e ora sono utili, senza alterare l’equilibrio dell’ambiente e del territorio. Le acque impiegate sono quelle sottostanti le cave, quelle stesse acque poi vengono raccolte e confluiscono nel laghetto vicino e servono ad irrigare i campi.

I primi tre lotti di celle sono stati realizzati a cavallo tra il 2015 e il 2016 e nel 2018, ora si sta lavorando per ampliare ulteriormente l’area con il quarto lotto che sarà pronto probabilmente nel 2020.

La passione e l’entusiasmo con cui Erlicher parla della conservazione delle sue mele sono gli stessi con cui tutti i soci del Consorzio parlano delle loro produzioni e dei loro campi. D’altra parte, in Val di Non e in Val di Sole coltivare mele non è solo un mestiere, è diventata un’arte!

Dimenticavo. Oggi Melinda vuol dire anche ciliegie, fragole, frutti di bosco e snack saporiti e sani, ma anche strudel surgelati fatti con materie prime del luogo. E per l’ultima campagna ogni artista ha voluto firmare i suoi capolavori: in ogni cassetta c’è il volto e il nome del produttore. Cosa potrebbe volere di più un consumatore?

Alessandra Apicella

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