Niente setaccio e solo scelte sostenibili: non ci sono vie di mezzo per Nadia

Faccio parte della generazione del “ritorno” – esordisce Nadia – quella degli anni ’80 che ha lasciato il paese, ha studiato, è andata a capire come funzionavano le cose nelle grandi città e nelle grandi industrie e poi è tornata nel suo territorio.”

Nadia Savino è nata a Gesualdo, un paese ricco di storia, in provincia di Avellino, che ospitò il compositore musicale Carlo Gesualdo (nella foto è con Glenn Watkins uno dei più famosi studiosi dell’artista). La mamma ha sempre avuto un pastificio e il papà ha lavorato per tanti anni in Fiat, lei si è laureata in Economia a Roma e ha 3 Master di cui uno in commercio estero e in internazionalizzazione d’impresa. Non sapeva come obliterare il biglietto del treno quando è partita per Roma. Ha lavorato per un grande gruppo, che ha imprese alimentari ma anche alberghi e ristoranti, lì ha guidato il team dedicato al controllo di gestione e poi è diventata l’ombra/assistente del presidente, facendo di tutto e di più, e vivendo sempre negli alberghi, di Roma, Reggio Emilia, Londra… Un vero “pieno” di esperienze, conoscenze, contatti, stimoli, nuove idee, un periodo che lei definisce la sua palestra di vita. “Io credo che fino ai 30 anni uno debba continuare a investire su se stesso ma arrivati a quel traguardo si deve sapere cosa si vuole fare e come si vuole vivere,”. Per lei è stato il momento del ritorno.

Apre uno studio di commercialista a Salerno, nel frattempo si sposa e ha una bambina che chiama Luisa o meglio Lu. Ma non è neanche questa la vita dei suoi sogni. Vuole diventare imprenditrice, anche se piccola, e vuole lavorare con la sua terra, che ama.

Così recupera i terreni di suo nonno e del suocero e inizia a mettere ordine come una perfetta padrona di casa fa con la sua abitazione: pulisce, bonifica, recupera la biodiversità dei terreni. Un lavoro che non si è ancora concluso. Oggi la sua azienda BioLu ha trenta ettari di terreni coltivati a grani antichi rigorosamente “bio”, controllati da occhi attenti e da due centraline che ne monitorano le condizioni. “Sono in dirittura di arrivo con tutte le certificazioni ed è stato sicuramente un gran lavoro, ma ne sono orgogliosa e sono riuscita a intercettare anche alcuni finanziamenti che mi hanno agevolato in questo percorso. In agricoltura bisogna essere un po’ smart per cogliere le opportunità.

Il bio è una scelta perché di fatto solo un terzo dei miei campi è sempre produttivo. La rotazione delle coltivazioni richiede che per due anni, dopo la raccolta del grano, i campi riposino ed allora per un anno si semina e si coltiva foraggio e per il successivo leguminose. Oggi sto pensando a come riuscire a valorizzare il foraggio e con mia sorella, che si è laureata in Scienze Animali e Produzioni Alimentari e sta studiando Veterinaria, stiamo pensando di produrre alimenti o snack per animali domestici completamente naturali e made in Italy visto che la maggior parte dei prodotti disponibili contengono tante materie prime importate.

Il grano raccolto – Senatore Cappelli, Saragolla, Risciola, Gentil Rosso – passa sotto l’occhio vigile della tecnologia NIR, che ne misura umidità e proteine, e poi viene portato in un mulino a pietra dove viene lavorato. Ma Nadia non vuole che sia usato il setaccio “per conservare intatte le proprietà nutrizionali e organolettiche della nostra farina e della nostra semola, viene eliminata solo la crusca più grossolana. Produciamo tipi diversi di pasta bio per i bambini, che ovviamente non vengono consumati solo da loro. Tutte lavorazioni rigorosamente artigianali.

Quando è partito il progetto Nadia pensava di proporre questa pasta soprattutto ai Paesi del Nord Europa come la Svezia, molto interessati a questo tipo di alimenti, ma in realtà queste paste speciali stanno avendo grande successo in Campania e sono anche numerose le richieste che arrivano al loro sito. Al momento il progetto di esportarle è congelato, visto l’entità non certo industriale della produzione, ma Nadia ovviamente ha già studiato tutto e ha già disegnato un piano pronto a decollare. Il resto delle farine e delle semole viene venduto a ristoranti, pizzerie, negozi specializzati.

“In queste terre coltivano ancora tabacco – afferma Nadia – sto provando a convincere tanti agricoltori a convertire le loro coltivazioni perché penso che se lavorassimo come Rete di impresa potremmo dare davvero una svolta all’economia locale. Potremmo stabilire un disciplinare, produrre e muoverci nel mercato con forza e con una massa critica rilevante. Purtroppo continuo a trovare forti resistenze e tanti agricoltori non hanno il senso dell’imprenditoria e si comportano come semplici coltivatori.

Anche sul packaging le scelte di Nadia sono state chiare sin dall’inizio. Cercando su Internet ha trovato delle vaschette in materiale biologico rivestito in PLA, un polimero del mais, che possono essere riutilizzate e sono compostabili, e il coperchio è in RiPET. Tutti materiali naturali, ecologici, riciclabili, creati appositamente per gli alimenti.

Ma Nadia ha ancora una marea di progetti in cantiere. Ne anticipa solo tre.

Quello che le sta più a cuore è relativo al seme della Romanella, un grano antico che nasceva in quei territori, lo ha selezionato e lo porterà ai ricercatori di Arca 2010, la Banca del Germoplasma di Acerra.

Ha piantato anche due campi, uno di lavanda e uno di calendula, e ha già delle idee per i suoi raccolti quando saranno disponibili.

Vuole anche creare una startup per proporre alle imprese degli omaggi speciali destinati alle loro clientele: una selezione di prodotti scelti della sua terra o brevi soggiorni in alcune aziende agricole locali. Ha già deciso il nome “Il paniere di Lu”. “Questa terra è meravigliosa e va valorizzata per i suoi paesaggi, i suoi prodotti, la sua cultura e la sua gente, ma se non ci impegniamo a farla conoscere non riusciremo mai a farla amare come merita”.

Alessandra Apicella

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