Perché usare sensori e droni anche nei frutteti e nei vivai?

Niente di nuovo: l’agricoltura di precisione può dare molti vantaggi concreti ai coltivatori e in particolare l’impiego di sensori e droni consente di ottenere più elevati livelli di efficienza e migliori rese. Grazie ai droni o in generale i cosiddetti UAV (Unmanned Aerial Vehicle, aeromobile senza pilota a bordo) si riesce a somministrare in modo preciso e puntuale acqua e nutrienti; queste tecnologie arrivano ovunque agilmente, anche in zone impervie, difficili da raggiungere con trattori o altri mezzi, e, se serve, permettono di effettuare trattamenti ripetuti su una stessa area in una sola giornata, cosa che per un agricoltore risulta impegnativa o impraticabile.  

I droni però abitualmente sono usati soprattutto nelle coltivazioni di grano, mais e soia ma all’Università dell’Idaho Olga Walsh ha fatto uno studio per valutare l’opportunità di impiegare queste tecnologie anche nei frutteti e nei vivai. Nell’Idaho la frutticoltura è una voce importante dell’economia. Qui si producono oltre 60 milioni di chili di mele ogni anno, ma si coltivano anche uva, mirtilli rossi e persino i nashi, le cosiddette pere asiatiche.

Questo studio sembrerebbe banale ma i risultati danno spunti interessanti.

Ecco in sintesi i vantaggi. I droni possono essere utili perché consentono di:

• fare l’inventario dell’altezza degli alberi e del volume delle chiome;

• monitorare la salute e la qualità dell’albero;

• somministrare acqua, sostanze nutritive e intervenire tempestivamente in caso di parassiti e malattie;

• stimare la produzione e la resa di frutta;

• creare efficaci strumenti di marketing basati su immagini o video.

Secondo Olga Wash i droni sono in grado di raccogliere informazioni dettagliate sulle culture come nessun umano riuscirebbe mai a fare, ” sono in grado di acquisire immagini ad alta risoluzione che consentono di intercettare i possibili problemi delle coltivazioni, possono ritrarre i raccolti dall’alto fornendo indicazioni e dati che aiutano a curare le piante in modo personalizzato. Tutte informazioni che possono essere utilizzate per stimare la produzione di biomassa e il potenziale rendimento.”

“I sensori possono funzionare all’interno di zone che non possono essere raggiunte dall’occhio umano” afferma Walsh  “e danno indicazioni molto più affidabili e oggettive rispetto alla valutazione visiva di un essere umano perché forniscono informazioni quantitative e non qualitative. Dati numerici che possono essere misurati e confrontati e non elementi descrittivi.

Lo studio è stato finanziato dall’Idaho State Department of Agriculture Nursery Advisory and Florist Advisory Committee ed è stato presentato all’incontro annuale internazionale di novembre dell’American Society of Agronomy, Crop Science Society of America e Soil Science Society of America a San Antonio

Il team di Walsh ora si sta impegnando per sensibilizzare i coltivatori e sta organizzando incontri e dimostrazioni per favorire la diffusione di queste tecnologie.  

Alessandra Apicella

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