Inquinamento e piante perenni, uno studio californiano

I ricercatori dell’Università della California di Irvine e dell’Università della California di San Diego hanno condotto un’analisi statistica per valutare gli effetti dell’inquinamento sui rendimenti della produzione agricola. Il periodo preso in esame è stato quello degli anni 1980- 2015 e l’indagine è stata fatta su un settore chiave che costituisce circa il 38 percento della produzione agricola totale della California: le piante da frutta che portano sulle tavole mandorle, uva, nettarine, pesche, fragole e noci.

Dalle analisi è emerso che la riduzione dell’ozono terrestre durante questi 35 anni, a partire dal 2010, ha portato a un aumento della produzione annua pari a $ 600 milioni. 

I ricercatori hanno anche fatto alcune proiezioni sui cambiamenti di resa fino al 2050 e hanno previsto che, grazie alle iniziative in corso, il calo atteso dell’ozono ambientale dovrebbe comportare un aumento del 5% nelle uve da vino, dell’8% nelle nettarine e addirittura del 20% nelle uve da tavola. Hanno invece rilevato che il riscaldamento globale potrebbe penalizzare altre colture come nel caso delle piante di mandorli, diminuendone la produttività.  

La particolarità di questo studio, secondo i ricercatori, è proprio l’oggetto dell’analisi: gli impatti del riscaldamento globale e della presenza dell’ozono sono stati valutati non sulle colture annuali come grano, soia e riso ma sulle piante perenni, che rappresentano una voce importante dell’economia californiana e che una volta piantate vivono a lungo e non possono essere modificate per resistere a livelli maggiori di calore ed ozono. 

Lo studio ha anche dimostrato che fino ad oggi gli effetti del riscaldamento non sono stati statisticamente significativi per molte colture perenni ma l’ozono ambientale – in gran parte derivante dalle emissioni dei settori di produzione e trasporto di energia della California – ha effetti molto negativi su queste colture riducendo in modo sostanziale i raccolti di fragole, uva, pesche e nettarine e in particolare l’uva da tavola le cui rese possono ridursi fino al 22 per cento. 

L’ozono troposferico viene creato quando l’ossido di azoto, causato soprattutto dalle attività umane, reagisce con i composti organici volatili per effetto delle radiazioni solari. Quando l’ozono entra nelle foglie delle piante ne brucia le cellule vegetali attraverso l’ossidazione, compromettendo la fotosintesi e l’energia che le piante possono dedicare alla produzione di frutta. 

Questo progetto ha coinvolto collaboratori della Colorado State University, della Northeastern University, della UC Davis, della UC Irvine, della UC San Diego e della Ohio State University è stato finanziato dalla National Science Foundation e dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Food,

 
 

Alessandra Apicella

2 Comments
  1. queste ricerche sono molto interessanti perché dovrebbero innanzitutto indirizzare la sperimentazione agricola nel senso di mantenere o aumentare la produttività; queste ricerche inoltre meriterebbero una maggior diffusione nei risultati: anche se il singolo agricoltore forse non saprebbe esattamente come utilizzarle immediatamente, potrebbe però sicuramente indirizzare la propria “moral suasion” su parti di società in grado di incidere sui diversi fattori

    1. Credo che l’intelligenza di questa ricerca consista proprio nel dimostrare agli agricoltori i vantaggi concreti della riduzione dell’inquinamento. Non valori e ideali, ma dati e ritorni economici.

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